In un suo scritto don Vincenzo Cafaro, parlando dei puteolani, asseriva: ‹‹Due categorie di persone difficilmente sono atee: gli astronomi e i marinai. Sicché in mezzo a quel buon popolo del porto non manca la fede degli avi e non può mancare una testimonianza tangibile di essa: una chiesetta, e dedicata a colei che è chiamata Stella Maris, cioè alla Vergine››.
La devozione dei pescatori puteolani per l’Assunta ha inizio probabilmente intorno al 1621, anno della costruzione di una chiesetta circondata dal mare a cui s’accedeva grazie ad una sottile lingua di terra. Era dedicata a S. Maria della Purificazione e sorgeva ai piedi del quartiere Terra, abitato sin dal 194 a.C., su un bacino o darsena ricca di stazioni e ricoveri, atti ad accogliere le flotte del mondo, essendo tale luogo stato uno dei più grandi empori dell’antichità. Era amministrata dalla Confraternita della Purificazione. Agli inizi del ‘600, il lido che costeggiava i piedi del quartiere Terra, a ponente della città di Pozzuoli, iniziò ad essere abitato da marinai grazie alla volontà del governo vicereale di rendere sicuro il territorio dalle scorribande dei pirati. A causa delle burrasche invernali e il bradisismo discendente, la chiesetta in inverno era impraticabile. La Confraternita ottenne dalla città, nel 1701, un’altra area per costruire altra chiesa, terminata nel 1743. All’antica chiesa restò il titolo di Purificazione, ma per distinguerla dalla nuova la si chiamava ‘Mprofecàta (Purificata) a mare.
In essa la Congregazione decise di riunirsi solo nei mesi estivi, celebrando la solennità dell’Assunta. Sorsero liti, poiché i marinai presero in custodia la piccola chiesetta, dedicata alla loro protettrice, abbandonata in inverno. Nel 1748, il dominio spagnolo dello Stato dei Reali Presidi era passato sotto il controllo politico e amministrativo del Regno di Napoli. Con le coste toscane, deserte e pescosissime, esistevano da tempo rapporti commerciali. Quando le condizioni della pesca lungo il litorale napoletano divennero critiche, il Regno di Napoli istituzionalizzò la corrente migratoria.
Nel borgo in cui sorgeva la chiesetta iniziò la transumanza di mare, emigrazione stagionale che vedeva gli uomini partire tra gennaio e febbraio per far ritorno solo a novembre ed eccezionalmente per i festeggiamenti del 15 agosto. Quando partivano, la campanella della Purificazione a mare li accompagnava con rintocchi a festa, benedicendone il viaggio; al ritorno, per prima salutava i reduci, suonando mesta quando le vele erano a lutto. A porre una tregua alle liti tra marinai e Confraternita fu un maremoto che inghiottì la chiesetta.
Luigi de Fraja, al tempo 34enne, dal Rione Terra così descrisse l’infausto evento: ‹‹Non è a dire la penosa impressione che si provò alla caduta della chiesetta; all’apparir galleggianti sulle onde ora i candelieri, ora il quadro dell’altare maggiore, ora altre suppellettili, le donnicciuole strepitavano e piangevano la Madonna che se ne andava. Ma la Madonna ritornò. Sopraggiunta la calma, unanime pensiero mosse i marinai a riedificare nel medesimo luogo un modesto tempietto, che in breve fu piantato ed eretto con istraorninarie oblazioni dei fedeli››.
Un marinaio più ardito degli altri si convinse di ricostruire subito la chiesa. Ogni marinaio si autotassò. Riedificata, ricominciarono i litigi con la Confraternità vantante diritti perché su un proprio terreno. Si arrivò, nel 1876, ad un atto notarile, in cui si percepisce la ferma volontà dei marinai, nonostante l’analfabetismo, ad assicurarsene il possesso. La transumanza di mare è stata praticata fino agli anni ’50 del ‘900. Quando partivano a gennaio, l’ultimo saluto era per la loro Stella Maris.
‹‹Prendono dell’acqua di mare, di quella vicino alla chiesa. È l’acqua della Madonna. Ne riempiono una secchia e di quella spargono le reti e la barca. Poi si fanno il segno della croce. Pigliano l’ultima benedizione della Madonna››.